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“I tempi sono maturi nel nostro Paese per dare vita a nuovi e più inclusivi percorsi di integrazione fondati sulla responsabilizzazione e sull’inclusione sociale. Penso in particolare all’opportunità di introdurre anche in Italia quella particolare forma di ‘Ius culturae’ che è lo ‘Ius Scholae’ che permetta a bambini e bambine figli di migranti di richiedere la cittadinanza una volta compiuto in Italia un ciclo di studi”. È quanto ha sottolineato oggi il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, al Consiglio Generale dell’Anolf Cisl, riunito a Roma per eleggere Maria Ilena Rocha, nuovo presidente dell’associazione cislina che si occupa dell’accoglienza e dell’ integrazione dei lavoratori stranieri in Italia.

“Maria Ilena è una giovane e preparatissima dirigente a cui va tutto il nostro sostegno. Sono certo che la sua affermazione darà all’Anolf una prospettiva nel solco del rinnovamento e della competenza”. Sbarra ha poi ringraziato Mohamed Saady per aver guidato l’Anolf Cisl per tanti anni con una “carica unica di umanità e di empatia, consolidando il protagonismo dell’Anolf, confermandola come riferimento per tante migliaia di persone. Una esperienza vera di solidarietà associativa, una rete viva e capillare che oggi conta quasi 100 strutture, anche fuori dall’Italia”. Il leader della Cisl ha sottolineato la necessità di una politica  migratoria che promuova sempre più ingressi legali nel nostro Paese.

“Va cambiato il regolamento di Dublino ed incentivate le positive esperienze dei corridoi umanitari. L’Italia deve, per conto suo, adottare una politica migratoria che abbia una visione lungimirante, basata sull’accoglienza e sulla valorizzazione dell’interculturalismo, a cui tanto può dare anche la contrattazione, specialmente decentrata”.

Sbarra ha altresì ricordato che “sono oltre 800 mila gli alunni con cittadinanza straniera che si formano nelle nostre scuole, parlano l’Italiano e persino il dialetto, giocano e sono amici dei nostri figli. Ragazze e ragazzi a cui fino a 18 anni è negata la possibilità di richiedere la cittadinanza italiana, con il paradosso che per i genitori bastano 10 anni. Ecco perché noi diciamo sì a una riforma di civiltà, su sui non si devono scatenare lotte ideologiche e sterili strumentalizzazioni tra le forze politiche. Un grande Paese come il nostro deve includere e non escludere. Ed i processi di inclusione ed integrazione devono passare anche attraverso la possibilità formale per bambini e bambine, ragazzi e ragazze di prima o seconda generazione di poter far parte a pieno titolo della comunità nazionale”