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La prima sezione della Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n. 26089 depositata il 5 settembre scorso stabilisce che la frequentazione certificata dei corsi di lingua italiana oppure la presenza di un contratto di lavoro, seppur a tempo determinato, sono indice di una seria intenzione di integrazione da tenere in debita considerazione quando si tratta di decidere se concedere o meno un permesso di soggiorno ad un migrante che non abbia diritto alla protezione internazionale.

La sentenza fa riferimento ai permessi di soggiorno per motivi umanitari che erano rilasciati ai sensi all’articolo 5, comma 6, del Testo Unico sull’immigrazione (TUI), permessi che il DL n. 113/2018 ha tuttavia abrogato come categoria aperta, sostituendoli con una serie tipizzata di “speciali” permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario.

Il decreto legge 21 ottobre 2020 n. 130, con il quale sono stati modificati i cd decreti sicurezza, ha confermato la scelta della tipizzazione rispetto alla fattispecie della protezione umanitaria “a catalogo aperto” di cui all’art. 5 comma 6, pur ripristinando il principio «del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali da parte dell’Italia».

Le nuove norme hanno anche previsto una fattispecie di divieto di espulsione dello straniero e conseguentemente il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale anche nell’ipotesi in cui l’allontanamento dal territorio nazionale possa comportare la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare della persona, salvo ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica, con espressa indicazione degli indici da considerare a tal fine e cioè:

a) la natura e l’effettività dei vincoli familiari;

b) l’effettivo inserimento sociale in Italia;

c) la durata del soggiorno nel territorio nazionale;

d) l’esistenza di legami familiari, culturali e sociali con il Paese d’origine (art. 19, comma 1.1, TUI).

Il principio affermato dalla Cassazione, pur riferendosi a norme non più in vigore, appare tuttavia importante anche ai fini dell’interpretazione dei nuovi indici d’integrazione.