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Il requisito discriminerebbe cittadini Ue, lungosoggiornanti extraUe e titolari di protezione internazionale.

La Commissione europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia (INFR(2022)4024) perché il suo regime di reddito minimo non è in linea con il diritto dell’UE in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, residenti e protezione internazionale.

Una delle condizioni per accedere al “Reddito di Cittadinanza” in Italia è di aver risieduto nel Paese per 10 anni, di cui due consecutivi, prima di richiederlo.

Ai sensi del Regolamento 2011/492 e della Direttiva 2004/38/CE, le prestazioni di assistenza sociale come il “reddito di cittadinanza” dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’UE che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza. Inoltre, dovrebbero poter beneficiare del beneficio i cittadini comunitari che non lavorano per altri motivi, con la sola condizione che risiedano legalmente in Italia da più di tre mesi. Inoltre, la direttiva 2003/109/CE richiede che i soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell’UE abbiano accesso a tale beneficio.

Pertanto, il requisito della residenza di 10 anni si qualifica come discriminazione indiretta in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non soddisfino questo criterio. Inoltre, il regime italiano di reddito minimo discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, che non possono beneficiare di tale beneficio, in violazione della direttiva 2011/95/UE.

Infine, il requisito della residenza potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavoro fuori dal Paese, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia. L’Italia dispone ora di due mesi per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. In caso contrario, la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.

Fonte: Commissione Europea